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Ai pericoli del viaggio, non ci credo affatto. E la loro attrazione chimerica non è quella che mi conduce qui. Ma per tentare di vedere, ancora sotto l'invasione degli uomini e delle cose di questo secolo senza fede, la santa Gerusalemme, ho voluto venirci lungo le vecchie strade abbandonate e prepararmi lo spirito durante lunghi raccoglimenti nella solitudine.Me n'erano state offerte parecchie di quelle strade di sabbia. La prima, la più facile e la più corta, è quella denominata del Piccolo Deserto, attraverso El Arich e i confini del golfo egiziano: già banalizzata, questa, e seguita ogni anno da molti inglesi e americani oziosi, confortevole e sotto la protezione delle speciali agenzie. Un'altra, quindi, meno frequentata, attraverso il Sinai e Nackel. Infine, la più lunga di tutte, attraverso il Sinai, Akabah e il deserto di Petra. Ho scelto questa, perché le guide mi consigliavano di non prenderla. Meno facile da sempre quest'ultima, in Egitto è considerata impraticabile in questo momento, dopo la ribellione delle tribù dell'Idumea. E sono dieci anni che nessun europeo ha tentato di percorrerla.