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Il libro affronta il ricordo degli anni bui '40-'45 del secolo scorso, partendo da considerazioni di ordine neurofisiologico sulla memoria, intesa come proprietà del sistema nervoso di ricordare, organizzare e rievocare il passato. Gli stimoli che raggiungono l'individuo formano campi di esistenza che costituiscono il vissuto. Si parla di memoria individuale, quando si tratta del vissuto integrato di un singolo individuo e di memoria collettiva quando riguarda il bagaglio culturale di un popolo o di un'epoca. Questa con il tempo si trasforma nella memoria culturale o storica, quando cioè il passato è elaborato storiograficamente. In alternativa a tutto e dopo tutto non v'è che l'oblio. Nei tre tipi di memoria, la modalità con cui gli eventi vengono integrati nel vissuto dipende grandemente dal "pre-giudizio" con cui ognuno li integra e questo corrisponde alla visione gadameriana o fenomenologica della storia che rende gli eventi inscindibili dalla propria esperienza. Con questa premessa si analizzano i principali accadimenti della prima metà del secolo scorso, culminati nella Shoah, e associati al trionfo e alla caduta degli ideologismi. Due considerazioni richiedono attenzione particolare: una riguarda l'uso attuale che si può fare del ricordo del passato, strumento a fini politici del momento. L'altra enfatizza l'impossibilità di rivivere le epoche ed i climi passati che rimangono come patrimonio esistenziale, emotivo e distruttibile, e cioè destinato alla scomparsa, dei testimoni diretti.