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Non occorre spostarsi troppo per viaggiare molto. Sette miglia, appena, nelle acque verde azzurre del Golfo del Messico, a bordo di un traghetto che fa la spola tra il villaggio costiero di Carrabelle e la sottile striscia di terra di Dog Island. In questo lembo quasi intatto della Florida meridionale, battuto da ricorrenti uragani, privo di negozi, refrattario a connessioni internet e abitato da un centinaio di coraggiosi residenti, approdano una scrittrice americana di antica stirpe mediterranea e il suo compagno fotografo. È il contesto ideale per lasciarsi alle spalle l'esasperato efficientismo del Sogno Americano e ascoltare il silenzio, scoprendo quel che rimane di se stessi nello specchio della natura incorrotta. Tra conchiglie rarissime, tartarughe marine, sciami di pellicani impettiti e sornioni, pesci guizzanti e coyote dall'ululato simile al grido della mitica strolaga, il ricordo del soggiorno sull'isola restituisce tutta la meraviglia di un paradiso perduto, che tuttavia non basta a far dimenticare la fragilità di un universo minacciato dalla criminale incoscienza della specie più forte e rapace.