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Il vizio di antologie e storie della filosofia è di presentarci i pensatori con una carrellata superficiale, senza porre la minima attenzione a certe sorprendenti sincronie e ad altre, ancor più notevoli, fratellanze d'anima. Dobbiamo ricordarcelo, invece, che l'Ottocento aveva, insieme, Leopardi e Schopenhauer. Tra loro ci fu un significativo dialogo "senza parole", oltre il chiasso che si faceva intorno. Leitmotiv: il pessimismo esistenziale, la convinzione che il male tenga l'uomo tra le grinfie, male che si esprime come caducità, fragilità, erranza (quel girovagare mesto del pastore dell'Asia appeso all'incanto di un raggio di luna). Ma, accanto a questo "pensiero dominante", molte e varie sono le verità di cui ragionano Schopenhauer e Leopardi, sconfinando dalla schietta contemplazione del vuoto al terreno virtuoso della politica. Grandi reazionari, entrambi. Convinti di abitare un secolo mortificato dalle masse.