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Nella narrazione di Carmelo Gallico la parte sbagliata del mondo prende il nome di Malamorti e più che un luogo è l'emblematica rappresentazione di una Calabria di 'ndrangheta e falde dove chi non muore ammazzato muore in galera. Carmelo, in quella parte sbagliata di mondo, ci è nato e cresciuto; già da bambino impara cosa sia il carcere, andando a trovare il padre detenuto. La morte si presenta quando aveva 15 anni, quando gli uccidono il fratello ventenne. E poi quando, una notte, tentano di sterminare la sua famiglia ed egli rimane sepolto sotto le macerie della casa, distrutta. Costretto a lasciare il liceo, gli amici e la normalità esistenziale che tanti suoi coetanei posseggono, spesso senza rendersene conto, ne sentirà la mancanza. Convinto che solo lasciandosi alle spalle questo scenario, le cose sarebbero potute cambiare, decide di partire per un paese lontano, oltre gli oceani, ma un grave incidente stradale glielo impedisce. Rimane quindi in Calabria, quella Calabria, dove le vicende famigliari lo trascinano in un vortice impetuoso che ruota attorno alla Giustizia e al suo corso; a 25 anni, inevitabilmente verrebbe da dire, entra in carcere. Seguono i lunghi anni dei processi. Condanne, assoluzioni, altre condanne divenute definitive e pene da scontare. Quella di Carmelo non è una storia dei giorni nostri; è una storia antica, senza tempo che affonda la propria consistenza negli archetipi delle sue radici.