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Dal dialogo di Erodiade con la sua schiava e dal monologo/contrappasso della testa mozzata di Giovanni Battista che si rivolge ad Erode, riaffiora dalla dotta penna di Letizia Leone nei due atti teatrali in versi di "Rose e detriti", uno degli archetipi della sessualità, il binomio 'anima' e 'animus', eros e logos, e le corrente psichiche dell'Io che collassano nell'angoscia quando l'eros sperimenta il rifiuto. In una successione di scene tra carnefici e vittime lautrice dà voce al tentativo di risolvere il conflitto tra coscienza femminile (eros), resa oscura e poco controllabile della sofferenza (tanathos), sublimando questa nell'affermazione del potere esercitato sulla vita, e quindi morte, altrui.