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I Veneti erano domatori di acque. Lungo i corsi dei fiumi nascevano e si sviluppavano città sempre in precario ma fertile equilibrio tra acqua e terra. Este, Altino, Padova, Oderzo, Treviso, Concordia, Vicenza erano connesse all'Adriatico da vie d'acqua che, insieme a beni e produzioni, portavano fino al cuore dell'Europa anche il soffio di civiltà lontane. Sull'acqua sorgevano molti dei loro santuari ed erano soprattutto le vie d'acqua a favorire intrecci che rappresentarono il substrato di una cultura comune; mondi diversi che i Veneti avvicinavano senza timore, capaci di coglierne e rielaborarne le suggestioni senza mai perdere di vista la propria identità. Così, eccoli accogliere elementi etruschi, greci, celti in particolare lungo la valle del Piave che, collegata con l'Europa halstattiana attraverso il Cadore, trascinava correnti di mode, oggetti, usanze e brandelli di lingua, giù fino ad Altino. Allevatori di cavalli, i loro allevamenti erano rinomati in tutto il Mediterraneo e la qualità dei loro veloci destrieri era ben nota anche a Roma. Nel crogiolo dei Veneti, tutti gli apporti culturali esterni si mescolarono, fondendosi, fino a creare quella che ne divenne la più celebrata produzione culturale: l'arte delle situle, la capacità, cioè, di "far parlare" il metallo, utilizzando tecniche di decorazione a sbalzo creando oggetti di grande bellezza.