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"La poesia non deve rinunciare alla trascendenza che le è connaturale. Il 'segno' estetico è la cerniera dei mondi, il confine con l'informe e l'invisibile. L'artista percorre questo confine, aprendo varchi ed esplorando nuovi spazi del possibile, guadagnandoli al reale. La sua avanguardia è carica di retroguardia: il bagaglio ontologico di 'strumenti umani' con cui scardinare le serrature del vuoto e 'costringere' il silenzio alla parola... La poesia deve porsi l'obiettivo 'massimalista' di uno sfondamento autologico della verità-cipolla, sfogliata nella stratificazione delle sue pellicole dall'io al sé, dal sé al mondo: e viceversa -, senza fermare l'interrogazione dei miti sempre-da-pensare, l'esplorazione delle costellazioni semantiche e simboliche, l'auscultazione dei segni e il dialogo infinito con gli eventi. Solo lucidandosi da ogni inutile opacità la poesia potrà affermare e amplificare le sue capacità di rispecchiamento e superamento dell'esperienza. Perché altrimenti scrivere?" (M. Onofrio)