Tab Article
La poesia di Piero Lai pare inserirsi in una tradizione intellettuale che costituisce una storia diagonale, per dirla con Jean Michel Rey, che afferisce alla cultura popolare, alla commedia, costantemente in filigrana rispetto alla storia ufficiale. Questa tradizione è ben visibile nella lirica umbra sin da Metastasio, per dispiegarsi pienamente nel Novecento con Sandro Penna. È poesia votata ai lampi epigrammatici, a composizioni che dosano la tensione vitale in spazi stretti e soliti. Stilisticamente in Lai questo filo rosso si evidenzia per una scarnificazione dell'eloquio poetico, dove l'elemento ritmico è condizionato da una calibrata clownerie. Ecco perché si parla qui di stile conversazionale e allo stesso tempo di minuetti, di epigrafi. Ciò che preme rilevare è che il tono colloquiale e dimesso è una sorta di trappola che attira il lettore in una situazione che pare priva di interesse, cioè completamente controllabile, ma che Lai riesce ad illuminare d'improvviso di luce nuova e spaesante. Si tratta del meccanismo che destituisce la lettura di una legittimità puramente ricettiva, stimolando ad un ruolo in qualche misura attivo, come già auspicato da Roland Barthes.