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"Sergej Ejzenstejn, autore della famosa 'Corazzata Potëmkin', descriveva la produzione di un film come la composizione di molti fiammiferi in un albero vivente. Il poema di Sebastiano Grasso assomiglia a una sua personale 'montagna incantata', fatta di tanti sassolini. L'arte contemporanea pullula di clown abili nei giochi di prestigio con ciottoli simili, ma pochi tentano, audacemente, di farne una montagna che possa essere scalata e permetta di dominare, dall'alto, il panorama. I versi di Grasso sono un poema-tentativo di riportare in vita frammenti lirici legati all'amore, custoditi nella cineteca della memoria, forse già logori nel disperato tentativo di essere dimenticati. È un tentativo di ricostruire, incollare singoli frammenti poetici, quasi da diario, che costituiscono un insieme unico, indissolubile: l'epos dell'amore. Ma che cosa ha voluto ricostruire Grasso nella sua opera? Il ritratto dell'amata, come ha già fatto Rembrandt con Saskia, quando l'ha dipinta mentre, girata, guarda le generazioni future, compresi noi, assieme al calice di vino in cui - come è possibile percepire con un nuovo sguardo - ballano persino le allegre bollicine dorate? Già, o forse no, perché questo è un ritratto così impercettibilmente variegato e spirituale che a volte sembra essere la somma di tanti volti femminili, una dedica alla Donna con lettera maiuscola, sintesi delle molte donne da lui incontrate durante la sua vita intensa..." (Dallo scritto di Evgenij Evtushenko)