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Questa raccolta di poesie in dialetto dignanese - o meglio in idioma istroromanzo di Dignano d'Istria - è un arco spalancato che poggia, agli estremi, sul programma esibito, chiarissimo, del gesto di apertura ("adisso i vuravi fà ta?i la favela / cumo se dèi e fà fusso fineidi", adesso vorrei zittire la parola / come se dire e fare fossero finiti) e la parola "gnente" che lo chiude e sigilla - come a dire: tra il silenzio e il nulla. Continuamente ribaditi lungo tutto il percorso, messi in unione e in opposizione alla parola ("la favela" che "me fà ancura ?magna", la parola mi tormenta ancora, pur nella piena consapevolezza che "dèi ?i cumo issi" , [sembra che] dire sia come essere), silenzio e nulla sostanziano il discorso poetico di Loredana Bogliun - silenzio e nulla sostenuti (sopportati, e infine trasfigurati) nell'immobilità attiva dell'ascolto, il terzo polo nevralgico del libro.