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"I profughi costretti di paese in paese rappresentano l'avanguardia dei loro popoli". Hannah Arendt scriveva queste parole nel famoso articolo del 1943 "We Refugees", aggiungendo che "il consesso dei popoli europei è andato in pezzi quando, e perché, ha permesso che i suoi membri più deboli fossero esclusi e perseguitati". Nell'epoca delle migrazioni climatiche, delle nuove esclusioni e dei nuovi razzismi, anche ambientali o legati alla pandemia, la diagnosi arendtiana non solo non ha perso nulla della sua attualità ma suggerisce strategie interpretative inusuali, esige che la stessa nozione di popolo sia nuovamente interrogata. Attraversando le discipline, spaziando dalla critica dell'integrazione alle riflessioni sul colonialismo, indagando i dispositivi di produzione degli apolidi o le moderne teorie e pratiche di esclusione del diverso, riflettendo sulla potenza testimoniale delle immagini e sulla violenza paranoide delle attuali chiusure identitarie, il volume, a cura di Andrea Cavalletti e Gianluca Solla, concepisce la filosofia delle migrazioni nel senso del divenire migrante dei nostri popoli. Proprio oggi, quando il dominio capitalistico ha reso le nostre vite invivibili, le figure del rifugiato e del perseguitato indicano paradossalmente l'unica sopravvivenza possibile.