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Negli ultimi anni la danza ha intensificato anche nel nostro paese la sua presenza, sulle scene e fuori di esse, nelle trame dei discorsi più vari; il mondo dell'audiovisivo la riprende con inusitata frequenza, la filma, partecipa alle sue configurazioni e ne accresce l'archivio. Che cosa significa questa promozione e accresciuta comunicazione della danza? Si tratta di comprendere non solo che la sua attrattiva ha qualcosa da insegnarci sul nostro tempo, sulla ricerca - che lo agita più o meno coscientemente - di nuove disposizioni spaziali, di nuovi gesti, ma anche che è la danza stessa a essere oggi in gioco, perché la promozione che la investe non necessariamente favorisce la natura dei suoi atti. Ripensare la natura di questi atti - il loro motus commovente (Nancy); il loro rapporto con il pensiero, il corpo, le arti (Gasparotti); la relazione tra l'Occidente e l'Oriente della danza (Sala Grau); il legame tra la danza, il teatro e la morte (Zanardi); l'origine comune del "dire poetico" e del "gesto danzante" (Ermini) - può, forse, aiutare la danza a decidere quale condotta assumere nei confronti dei modi in cui oggi viene proposta, spinta sulla scena, promossa.