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L'Italia del ventunesimo secolo è il paese socialmente più diseguale, squilibrato e inefficiente d'Europa. In esso convivono due welfare: quello solidale e inclusivo (trasformato in bancomat del debito pubblico) e quello delle corporazioni, delle banche, delle caste, cioè di quella parte della "società civile" che ritiene di avere diritto all'ozio, all'evasione fiscale, ai privilegi, alle pratiche corruttive e all'illegalità. Questo dualismo uccide i sogni, pialla i talenti, distrugge qualità e merito, e trasforma lo Stato in una mostruosa macchina dell'ingiustizia sociale. Una "decrescita infelice" sta avvilendo il lavoro, la voglia di intraprendere e l'amore verso la Nazione, e non appare più rinviabile un cambiamento che tocchi le radici della "questione morale" italiana. Esso dovrà essere profondo, fondato sui principi e sui valori della nostra Costituzione, mettendo lavoro e uguaglianza al centro di una nuova stagione. In questo modo potranno tornare in noi italiani l'orgoglio e la speranza di un futuro degno del nostro splendido passato.