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Capita sempre più raramente di leggere testi di questo spessore, capaci di ingenerare a ogni approccio un coinvolgimento emotivo e intellettuale tanto profondo e "radicale". [...] Sembra di vedere in atto in tutta l'opera, attraverso il rovesciamento dell'ottica cara ad Albino Pierro e alla tradizione dialettale che a lui si richiama (tutta tesa a precostituire, in funzione "soterica", un universo dove il fluire del tempo si arresta e le immagini si ritagliano il senza-luogo di una condizione archetipica, esemplare), una lingua che si insegue, che vive e palpita e che, in ogni momento, si incunea nelle immagini per impedire loro qualsiasi stasi, qualsiasi quiete appagante.