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Si analizza la condizione giuridica dell'ateismo organizzato, quale proiezione collettiva della libertà religiosa costituzionalmente tutelata, posto in relazione alle distorsioni applicative del principio della bilateralità necessaria o pattizia che governa la regolamentazione dei rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose. L'attenzione è rivolta alla complessa vicenda giudiziaria sorta a seguito del diniego governativo opposto alla richiesta formulata dall'UAAR per l'accesso al meccanismo di stipula di intesa con lo Stato ai sensi dell'art. 8, co. 3, Cost. poi sfociata nella sentenza n. 52 del 2016, con la quale la Corte Costituzionale ha sancito la piena discrezionalità del Governo quanto alla decisione di non avviare le trattative. L'analisi dell'iter giudiziario e della pronuncia della Corte fornisce lo spunto per tratteggiare le possibili prospettive di disciplina giuridica dell'ateismo organizzato, che appaiono ondeggianti tra gli esiti del prosieguo giudiziario del caso UAAR e le soluzioni confluite nelle più recenti "proposte" di emanazione di una legge generale sulla libertà di coscienza e di religione emerse in seno alla comunità scientifica.