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Al centro della sua instancabile esperienza di scultore, a partire dall'immediato dopoguerra e fino a pochi giorni prima della morte, avvenuta nel 2010, Franco Fossa ha posto l'uomo e la sua passione a farsi parte concreta del mondo. Un uomo, una figura che l'artista di Rho incontra nei luoghi della sua quotidiana esistenza, nel silenzioso scorrere del tempo, negli spazi anonimi di città che proiettano la società verso la solitudine e l'indifferenza. È un tema "l'uomo e la città" che in Fossa, rileva Bignardi, ha assunto il carattere di nodo problematico con maggiore evidenza nelle opere degli anni Novanta. Il suo attento e assiduo esercizio sia del disegno e dell'incisione, sia della scultura si iscrive, rileva l'autore in quel tracciato della scultura europea del XX secolo "che, rimanendo fedele al rapporto con la figura umana, vi include protagonisti del calibro di Arp, Moore, Brancusi, Giacometti, Germaine Richier o Marino Marini, Armitage. Certamente, a partire proprio dagli approdi di Rodin, alcuni di questi artisti sono stati sicuri punti di riferimento per l'opera di Fossa, per gli sviluppi che essa è andata negli anni maturando".