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A 450 anni dalla morte di Michelangelo, la sua Pietà è diventata una delle icone fondamentali della cultura giudeo-cristiana. Quell'immagine di una madre che piange il figlio morto e, mostrandone il corpo inerte, condivide il dolore con gli astanti è il simbolo del sentimento di empatia sul quale originariamente si fonda una comunità di uomini. Da più di quarant'anni quella scultura sublime è costretta dietro un cristallo protettivo, che la difende dalle ingiurie, ma ne attenua la potenza comunicativa. John Isaacs, scultore inglese della nuova generazione, si è proposto di rianimarne il messaggio attraverso la realizzazione di un'opera intitolata "The architecture of empathy". Si tratta di una replica dell'opera michelangiolesca che Isaacs ha coperto con un velo di marmo bianco di Carrara. Le identità dei protagonisti sono nascoste ed ognuno può idealmente sostituirsi a loro immaginandone i sentimenti, indipendentemente da qualunque connotazione individuale di razza, sesso o fede religiosa. L'opera si rivela così come un richiamo universale a quei valori di solidarietà umana sui quali le nostre esistenze dovrebbero fondarsi e che, al contrario, vediamo così spesso oltraggiati dalle vicende del nostro tempo. Il libro racconta la genesi concettuale di quest'opera e la storia in immagini della sua realizzazione negli studi di scultura di Carrara, ai piedi di quella stessa montagna dalla quale, cinque secoli fa, fu estratto il marmo per la Pietà di Michelangelo.