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Pier Paolo Pasolini ha scontato con la morte, atroce contrappasso, a soli cinquantatré anni, la presunta ignavia dei ragazzi, la "paurosa" assenza di creatività, di inizialità, che ha nell'appiattimento del linguaggio (un balbettio informe e uniforme) uno dei risultati più orrendi e inaccettabili per il poeta. L'autore di questo volume ha oggi cinquantatré anni e poteva essere uno di quegli adolescenti della prima metà degli anni Settanta investiti dalle furiose, disperate, invettive dello scrittore corsaro e luterano. Ricostruendo il clima di quell'ottobre del 1975 e poi, con Calvino e Nievo, ridando la parola alla letteratura, con le sue istanze e i suoi enigmi, l'autore ritiene giunto il momento personale e storico di confrontarsi con i pesanti giudizi del poeta corsaro su quella generazione.