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Renzo Zanazzi era un uomo a due ruote. Diabolico da corridore, grintoso da veterano, irriducibile da pensionato. Fuoriclasse fra gli allievi, gregario fra i professionisti, ha nel suo palmares la conquista della prima tappa del Giro d'Italia del 1947 e la maglia rosa per tre giorni. Mantovano di nascita ma milanese d'adozione, impara ad amare la bicicletta negli anni Trenta, cimentandosi con le prime gare da dilettante. I premi fanno gola a tutti: poche lire sono comunque un'enormità, per chi non ha un bel niente. La seconda guerra mondiale lo costringe a sospendere la carriera, ma non ad abbandonare la bicicletta. Assieme alla sua cavalcatura e ai fratelli, si "inventa" partigiano e compie le prime azioni contro i tedeschi in perfetta autonomia. Al termine del conflitto arriva finalmente il passaggio al ciclismo professionistico, su per le salite e lungo le pianure a darsi battaglia con i nomi che sarebbero entrati nella storia: nei suoi sette anni in squadre quali Legnano, Cimatti, Ganna, Zanazzi si dimostra un gregario imprescindibile alla corte di campioni come Gino Bartali, Fausto Coppi e Fiorenzo Magni. La sua figura, defilata ma indispensabile nell'economia del gruppo, e la sua vicenda umana di incredibile spessore hanno spinto una grande firma del giornalismo sportivo come Marco Pastonesi a narrarne le vicissitudini... Prefazione di Aldo Grasso.