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Quello di Alfredo Binda, professionista dal 1922 alla metà degli anni Trenta, è un nome scolpito a lettere maiuscole nella storia del ciclismo. I cinque trionfi al Giro d'Italia e le tre vittorie in altrettanti Campionati del mondo lo hanno immortalato nell'Olimpo dei grandissimi, ma rischiano, paradossalmente, di oscurare la memoria della sua avventura umana. Ecco perché si sentiva il bisogno di un libro come questo, dove la storia di Binda è narrata con il passo e la pietas di un classico romanzo di formazione. La passione per la musica e il tenero rapporto con la madre e i fratelli contribuiscono a fare del giovane Alfredo un personaggio a tutto tondo; montiamo in sella con lui per riviverne le imprese giovanili, dai faticosi viaggi fra la provincia di Varese e la Costa Azzurra ai primi exploit in gara. Così non possiamo che prendere le sue parti quando si affaccia al mondo, meraviglioso e terribile, dei "forzati della strada", dove si troverà a rivaleggiare con un mostro sacro come Girardengo. La sua, tuttavia, non è solo una battaglia sportiva: gestire la popolarità e conquistare il cuore della gente diventano i suoi nuovi cimenti. La parte più rilevante della carriera di Binda si compie in un Paese ormai soffocato dalla miope grandeur della dittatura; sarà proprio il regime, insoddisfatto di quel campione troppo tiepido dal punto di vista politico, a contrapporgli un asso dalla maglia nera e il cognome tristemente profetico, Learco Guerra.