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Il libro, scritto nel 1880, finisce con una chiusa che non è né tragica né dolorosa - come osserva Georges Paul Villa - non è cioè "masochista" nell'accezione corrente del termine, al contrario è decisamente ottimistica per non dire idilliaca. Sembra il ritratto degli ultimi anni dell'esistenza travagliata del suo autore, che dieci anni dopo L'Estetica della bruttezza avrebbe finalmente trovato, accanto a Hilda Meister nella silente dimora di Lindheim, quella serenità e quella gioia condivisa con la famiglia che aveva descritto nella conclusione di questo suo racconto e aveva cercato per tutta la vita.