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Sotto il segno di Sciascia, da cui proviene il folgorante aforisma in epigrafe, in questo volumetto Luisa Adorno ricama parole dense di destino e di bellezza. Si tratta di due lettere immaginarie, rivolte l'una a Ferdinando Scianna, l'altra ad Angelo Scandurra, a commento di alcune fotografie: di alto valore artistico quelle scattate da Scianna, di carattere privato o comunque occasionale le altre, ma tutte espressive per un discorso che, sotto apparenza divagante e minimalista, aspira a cogliere l'entelechia come avrebbe appunto detto Sciascia - di un viso, di un gesto, di un luogo. Su queste immagini lo sguardo si appunta, mentre la mente insegue ricordi, traccia bilanci, illumina significati. Riafferra il tempo perduto. Vede quello che non è possibile vedere: perché è scomparso, o perché richiede un terzo occhio, un occhio speciale. Come si legge in chiusura della lettera a Scandurra, a proposito dell'amata casa di Valverde e della sua meravigliosa terrazza: "se la notte è bella, si possono vedere le luci delle lampare. Questo nelle foto non c'è, ma noi lo sappiamo".