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La poesia è anzitutto contemplazione, un movimento dinamico dello sguardo, che coinvolge tuttavia anche gli altri sensi, e che procede dall'esterno all'interno, e poi ancora dall'interno verso l'esterno; dalla realtà osservata ai significati nascosti che essa disvela interiormente, e poi da questi di nuovo verso la realtà, per non cedere al pericolo della banalità e dello stordimento del cuore e cercare infaticabilmente il significato profondo di ogni esperienza vissuta. Il poeta, come il profeta e il folle, si sente così chiamato a restare sveglio, con gli occhi aperti e il cuore proteso, per intuire un senso di verità altrimenti indicibile e condividerlo con gli altri attraverso un linguaggio il più possibile umano, che sia personale e universale insieme, in sintonia con il cuore pulsante del mondo e degli altri uomini. Il mondo osservato, amato, "contemplato", finisce così col diventare una traduzione, un'interpretazione evocativa e quanto mai autentica dell'esistenza, che solo un cuore attento è in grado di intuire e decodificare. Dalla vita, poi, si ritorna alla realtà, per non separarsene più, e fare concretamente comunione col mondo e con il suo mistero.