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In una società che ci spinge a vivere costantemente nuove emozioni, dove ogni obiettivo dev'essere straordinario, dove i superlativi dominano il mondo, la vera eccezionalità si trova nell'ordinario: ne è convinto Michael Horton. «Per attirare e mantenere l'attenzione - rileva l'autore - oggi tutto deve avere un punto esclamativo. Ci siamo abituati a cercare senza requie qualcosa di nuovo: l'ultima novità, la cosa più grande, l'idea, il prodotto, la persona o l'esperienza che risolverà i nostri problemi, che ci darà uno scopo e che cambierà il mondo». Eppure questa ricerca dell'eccesso, questa vita spinta al limite, questa costante accelerazione che diamo a progetti e obiettivi sta mostrando i suoi limiti: «alcuni sono stanchi dei costanti appelli a trasformazioni radicali», annota Horton, e si comincia a rivalutare l'idea, in controtendenza, di una vita normale, senza eroismi, senza gesti straordinari, dove la quotidianità è la nuova, grande frontiera. Nella prima parte del volume ("Radicale e irrequieto") Horton analizza la situazione di una società sempre più attratta dal successo e dall'estremo, un approccio che ha contagiato anche la chiesa - e in particolare i giovani - provocando, a lungo andare, frustrazione e senso di inadeguatezza. L'autore prova a dare una risposta al problema nella seconda parte del libro ("Ordinario e contento"), dove riscopre alcuni valori (almeno all'apparenza) da perdenti, come l'importanza di sapersi accontentare e la necessità di tralasciare sogni sempre più ambiziosi per concentrarsi invece sull'amore per il prossimo, riscoprendo così la vera essenza di una vita cristiana fatta di gesti piccoli ma significativi, capaci di aiutarci a ritrovare la giusta prospettiva sulla vita e sull'eternità.