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Il libro affronta il disagio della società in rete immergendo la filosofia nei problemi del linguaggio, dell'attenzione e dell'affettività. L'obiettivo è analizzare le esperienze collettive di sofferenza, precarietà e disturbi dell'attenzione, per riportare il vissuto dell'esperienza sul piano della filosofia e concepire una sorta di empirismo diagnostico che si muova dal lavoro ai media, dalla miseria simbolica alla povertà materiale, dalle condizioni del sapere all'ingerenza del marketing e al ruolo della tecnologia. Attraverso un percorso teoretico, estetico e politico, che va da Nietzsche a Canguilhem, Simondon e Foucault, da Adorno e Horkheimer a Deleuze e Guattari fino a Sloterdijk e a Stiegler, si schiude l'opportunità di tracciare una sintomatologia propriamente sociale, col fine propositivo di inventare legami sopra l'abisso del senso scavato dal capitalismo pulsionale. A questo primo ambito d'intervento si aggiunge la volontà di trasformare i sintomi in questioni teoriche da affrontare per riuscire a fare filosofia oggi, a partire da fenomeni che sono disastrosi per il pensiero stesso.