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Ad essere inizialmente definiti "Espressionisti" furono un gruppo di pittori francesi, non i tedeschi. Erano Picasso e gli artisti del circolo di Matisse. Si trattava, insomma, di un modo conveniente per indicare le "nuove direzioni" verso cui si incamminava l'arte francese. Nel 1914 il termine assunse le connotazioni "tedesche" che ben conosciamo ancora oggi. Sulla scena artistica erano emersi in modo prepotente i gruppi della "Brücke" e del "Blaue Reiter". Due anni dopo Hermann Bahr pubblicava "Expressionismus", un fortunato libro che conobbe tre edizioni in poco tempo. Affermava l'opposizione dell'Espressionismo all'Impressionismo, giustificava il suo impatto shoccante quale antidoto necessario all'ordine e alla compiacenza borghesi e soprattutto vedeva nella coeva produzione artistica il riflesso della disperazione, della mancanza di speranza della sua epoca - era in corso la Grande guerra. L'espressionismo, dunque, nasce su di una base di protesta e di critica perché neppure il positivismo e l'impressionismo erano riusciti a trovare la risposta alle contraddizioni, alla crisi che covava nella società europea. Testo chiave di questa riflessione è "Espressionismo" di Bahr, che ora viene presentato al pubblico, accompagnato da un saggio di Fabrizio Cambi e dalle riproduzioni delle opere d'arte scelte dall'autore per le prime due edizioni tedesche.