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Più che un canone definito, il "postcoloniale" è un'attitudine, un insieme di pratiche discorsive che, a partire dai lavori di Edward Said e dalle intuizioni dei Subaltern Studies, ha decostruito radicalmente l'ordine del discorso coloniale e post-coloniale, restituendo lo sguardo di quei soggetti e di quelle masse subalterne la cui capacità di agire e di parola è stata per secoli neutralizzata da saperi scientifici, sociali e antropologici che hanno costituito e continuano a tradurre, in forme e contesti diversi, concetti come identità, nazione e storia in pratiche politiche e simboliche di dominio, violenza e sfruttamento. Attraverso uno sguardo parziale, inconsueto e spiazzante sulle questioni della differenza, della soggettività, della linea del colore e del genere, assumendo l'ibridazione, l'incontro tra le discipline e la falsa neutralità del sapere, gli studi culturali e postcoloniali si pongono come un percorso di ricerca, d'interpretazione e di nuova costruzione di punti di vista "di parte" strettamente connessi alle trasformazioni sociali e politiche contemporanee. Essi ci consentono perciò di affrontare e decostruire con nuovi strumenti la complessità del presente - ponendo l'accento sulle discontinuità, sull'emersione delle resistenze singolari e comuni, sulle rotture storiche che esse producono - e, nel contempo, di far sì che il nostro sapere sia immediatamente uno strumento d'intervento collettivo nel mondo materiale.