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Il pensiero femminista muove dai corpi, che coniuga al plurale senza cercarne una sintesi. E su questa acquisizione che si innestano le riflessioni che Angela Putino ha dedicato al biopotere e alla biopolitica, intervenedo con una posizione originale nel dibattito che vede coinvolti i maggiori filosofi e teorici della politica italiani. Nella prospettiva dell'autrice, i corpi non sono dunque un mero e indistinto dato biologico, né quell'essere comune sul quale si fonda la politica: i corpi, infatti, "sono sessuati oltre la biologia perché toccati dal senso, in lotta con dispositivi, resistenti alle distribuzioni normalizzanti, o anche presi al laccio di determinazioni di identità e di ruolo. I corpi sono sessuati perché sentono tutti questi contatti e sono sessuati perché dicono l'esistenza nel loro aver luogo. Non c'è un oltre; non c'è un corpo globale che quale essenza li raccolga. I corpi sono eternamente sessuati". Questo il punto di rottura del femminismo: aver proposto una politica dei corpi nell'epoca in cui la vera posta in gioco del potere è la governamentalità del vivente. Se la biopolitica stabilisce che cos'è il vivente e a quali procedure normative e di cura sottoporlo, Putino ne individua - incrociando l'ultimo Foucault e il femminismo - il punto di resistenza in un "partire da sé", in un divenire "parrhesiastes" di se stessi, cioè soggetti in grado di dire la verità su di sé.