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Poesie sempre in movimento che tracciano strade tortuose o a picco come precipizi, registrano colloqui, scavano nelle nicchie dei ricordi, dei gesti e dei pensieri, nella dura roccia dell'indefinibile, dell'ipotetico pur di proseguire - con tenacia e onestà - il loro percorso ma, viene da chiedersi, "verso dove?", che poi è il titolo di una notevole poesia de "L'occhio di Celan": "sbadata mi allontano e mi avvicino. È sull'amaca dove / si decide la rotta". Il poeta Celan, amato e citato fin dal titolo dalla Szwarc, a tale domanda così rispose: "Le poesie sono in cammino verso qualcosa di aperto, dove vi sia spazio da occupare, forse verso un Tu a cui possa rivolgersi la parola, verso una realtà prossima alla parola". Con un linguaggio vivace e tagliente l'argentina Susana Szwarc (1954) crea suadenti e spiazzanti "scene" poetiche e disegna con ironia (mai forzata, mai eccessiva), i personaggi che attraversano le pagine di questo libro. Come quell'uomo che se ne va in giro con la testa tra le mani, una testa che conserva i "tagli della memoria".