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"Rita Galbucci affresca un grande spazio desolato al centro del quale si trova una donna. Chiamata in causa di volta in volta con i pronomi "io" e "tu", essa è al tempo stesso l'autrice e la lettrice... Fuori dal tempo e da qualsiasi coordinata geografica, la protagonista della raccolta si fa emblematica di quella che è da sempre la condizione femminile, sancita da una natura leopardianamente indifferente e matrigna, interessata solo al proprio perpetuarsi. La donna è però chiamata a compiere il proprio ruolo vivificante, come esprime con chiarezza questa poesia, che vale la pena citare per intero: 'Sono ferme le montagne / che si erano mosse. / Aspre le pareti di nuovo / tendono il collo in su /a un'aureola di nubi. / Una semina di ghiaia / e mi sono distratta / a cercare topazi / in mezzo ai sassi. / Ho chinato il capo / perdendo azzurro / dal mio cielo / e la terra con quello ha germogliato'." (dalla prefazione di Francesca Del Moro)