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"Si arriva al punto di sognare un disastro, un'esplosione «per godere della bellezza indescrivibile di una fitta, una sconfitta finalmente alta, da film. Da apocalisse. Da rovina». Perché il dolore di cui parlano non è un male acuto, ma sordo, il dolore di non sentire niente e di desiderare di sentire tantissimo, come una nostalgia di passione, di poter essere finalmente travolti dall'oblio, dalla felicità, di poter essere toccati, stravolti, rivoltati dall'altro, di poter uscire fuori dal proprio pensarsi, aggiustarsi, per respirare fuori di sé. Prendersi un po' di pace. Essere e basta".