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Tristano Martinelli, creando la maschera di Arlecchino, tra pubblico e privato, tra imitazione e invenzione, le presta per primo quella che egli stesso chiama una "langue arlequine", di cui generazioni di attori erediteranno diversamente tratti e finalità; Mariangela Gisiano prende in esame tutti i documenti, recentemente editi, in cui Martinelli elabora questa strategia attoriale, ne analizza i modi compositivi nel contesto dello sperimentalismo linguistico cinquecentesco, ne evidenzia tutta la maestria fra buffoneria e professionismo. La maschera linguisticamente più coinvolta, quella di Tartaglia, ispira a Francesco Albergati Capacelli, ancora sul finire del '700 e sullo sfondo della riforma goldoniana, un canovaccio che Roberto Trovato edita qui per la prima volta, accompagnandolo con un saggio sul corpus di esperimenti teatrali, ancora in buona parte inediti, da cui è tratto. A partire dalle occasioni in cui si forgia questa "lingua" teatrale Roberto Cuppone riconduce questi esperimenti a una concezione del comico forse ormai persa e che ci piace immaginare incommensurabile ad oggi, quella che Celati definisce dei "giganti buffoni". Con contributi di Roberto Trovato e Roberto Cuppone.