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Come in un'inquieta volontà di fuga, come in un desiderio incessante di spostare un po' più in là, altrove, il centro della propria ricerca, si è sin qui mosso l'itinerario drammaturgico di Gianfranco Berardi. L'origine scenica della sua scrittura, in una sorta di moto circolare, riconduce il lavoro da 'metteur en scène' alle ragioni essenziali del fare attoriale, contro ciò che egli stesso definisce teatro di maniera ovvero quella formula ormai sclerotizzata del vecchio teatro di regia ammannito dagli stabili italiani. Da "Briganti" a "In fondo agli occhi", il viaggio errante del "marinaio" sembra concludersi nel luogo da cui non ci si è, effettivamente, mai mossi se non nella misura dell'illusione più vera e fatale, non quella offerta allo scandalo luminoso della scena, bensì quella o-scena, che rimane assente quanto più se ne rincorra l'effimera presenza. Quella dell'evidenza di un corpo in cerca, dentro, fuori, oltre il sé.