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Il confine orientale può essere considerato come uno spazio in cui per secoli si sono intrecciate e sovrapposte molteplici frontiere, di natura politica, culturale, religiosa e infine nazionale. Un luogo non solo fisico, in quanto parte dell'Adriatico e in sostanza limite fra la penisola italiana e quella balcanica, ma anche cesura tra l'Europa occidentale e quella orientale in senso generico. Proprio in quanto superficie di rottura, il confine orientale rimane certamente un nodo caratteristico nella storia d'Italia. Collocato geograficamente dalle sponde del fiume Isonzo alla displuviale alpina orientale, racchiude il Carso (triestino e goriziano) e la penisola istriana sino a Fiume e al litorale dalmata con i suoi arcipelaghi di isole fino a Cattaro. In esatta sintonia con i numerosi contrasti confinari avvenuti in Europa fra la seconda metà del XIX secolo e la prima del XX, la storia del confine orientale italiano perdura come tentativo emblematico di fissare all'interno di una regione multiforme ed eterogenea per vicende e popoli una frontiera egemonica. Limite mutevole perché sempre fissato su termini ideologici e proprio per questo di perpetua ardua demarcazione. Nel più generale panorama storiografico sulla questione, il volume intende porsi quale strumento accessibile anche a un pubblico non specialistico interessato alle tematiche istriano-dalmate. Dalla pace di Campoformio ai fermenti irredentisti di fine Ottocento, alle rivendicazioni seguite alla Grande guerra...