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Il volume indaga gli stretti rapporti che intercorrono tra scenografia teatrale e architettura usando come paradigma i lavori di Gio Ponti in questi campi. In poco più di tre lustri - tra il 1937 e il 1954 -, mentre consolidava la sua figura di architetto, Gio Ponti progettò sette spettacoli teatrali per balletto, prosa e lirica dando dimostrazione che disegnare un costume, scattare una fotografia, progettare un tavolo o un edificio rientrano nella medesima estetica, definendo la linea di continuità artistica propria di ciascun architetto. Questi lavori, lungi dall'essere un semplice divertissement da colto dilettante, collocano Ponti nella condizione dell'architetto classico o, com'egli stesso si definiva, dell'"ultimo degli Umanisti". Lampadari, divani altri oggetti così come gli spazi, hanno nel palcoscenico il loro banco di prova prima di essere tradotti nel quotidiano e divenire icone del design.