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Nella poesia di Daniele Verzetti non si trova l'idillio, non c'è la visione che appaga, che fa sognare, non c'è neppure quella ricerca soporifera del verso bello in sé e per sé. Al contrario, c'è il dramma delle morti sul lavoro, della violenza sui deboli, dello sfruttamento in tutte le sue forme, dell'indifferenza come costume sociale dominante, dell'arroganza elevata a regola di Stato. È così che la poesia di Verzetti si fa Rockpoesia, cioè raccoglie e interpreta il quotidiano lasciandosi alle spalle il suo retaggio di retrovia contemplativo per riscoprirsi istanza attiva, strumento di analisi, raffigurazione, critica, contraddizione.