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Agli inizi degli anni Sessanta in Italia non si poteva aprire una rivista, un settimanale, persino un quotidiano, senza incrociare la parola "alienazione". C'era appena stato il boom economico, l'Italia cominciava a parigliarsi con la televisione, e già spuntavano gli opinion-maker: Moravia, Parise, Pasolini... La via scelta da un giovane bresciano laureatosi con Mario Dal Pra fu di approfondire il senso, o i sensi, di quella parola tornando al luogo da cui era sorta: il lascito di Jean-Jacques Rousseau alla gioventù tedesca. Fu così che Luciano Parinetto già da subito intuì la parentela stretta tra alienazione e utopia, come termini speculari e immediatamente richiamantisi. Questo libro presenta il materiale riordinato di un seminario tenuto alla Statale di Milano nell'anno accademico 1966-67. Marx vi è visto come il coronamento di un'avventura collettiva dello spirito, e al contempo come il suo esecutore testamentario. Di lì a poco, col Sessantotto, il marxismo avrebbe preso altre vie, già del resto abbozzate un lustro prima: scienza empirica avversa ad ogni spinta utopica con l'operaismo, ideologia terribilmente compatta e chiusa col maoismo... Fatto sta che nel giro di pochi anni il concetto di alienazione finì in soffitta, per restarvi. E riproporlo ora con Parinetto potrebbe sembrare addirittura fuori luogo (utopico?), non fosse per il sospetto che, come la lettera rubata di Poe, il suo oggetto è invisibile per troppa presenza.