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Luciano Liggio, Salvatore Riina e Bernardo Provenzano sono stati gli artefici di una stagione di violenza mafiosa che ha segnato con stragi ed omicidi la storia contemporanea della Sicilia e dell'Italia. A loro si devono i delitti di numerosi rappresentati delle istituzioni e l'eredità di un indelebile marchio di omertà attribuito a Corleone. Negli anni di ascesa criminale dei liggiani, numerosi corleonesi invece diedero prova di credere nella forza della denuncia, affidando allo Stato la speranza di potersi affrancare dalle logiche di un potere vessatorio e sanguinario. Il loro tentativo fallì perché quello Stato non fu capace di tutelare e valorizzare il loro contributo, vanificando così la possibilità di stroncare sul nascere la violenza dei liggiani. Costretti dai mafiosi a ritrattare le loro accuse, alcuni di questi testimoni furono addirittura indotti a simulare la follia. Ancor oggi, i protagonisti dimenticati di quella tradita capacità di opposizione alla regola dell'omertà vengono da pochi ricordati come "i pazzi di Corleone". Come scrive Umberto Santino nella sua prefazione, l'Autore «con queste pagine ha voluto tornare indietro e riscoprire vecchi documenti raccolti a suo tempo dalla Commissione antimafia. Ed è bastato leggere quelle carte per scalzare luoghi comuni e inveterati stereotipi...».