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Quella di Rocco Scotellaro per la vita è stata un'infatuazione violenta, una scalmana che l'ha portato a consumarsi prima del tempo, a soli trent'anni. "Uno si distrae al bivio" è ritenuto il suo primo racconto, eppure di tutte le poesie, di tutti i racconti, è quello che lascia il sapore più intenso, scritto in un italiano nuovo, appassionato, vivo. Neanche ventenne, Scotellaro descrive la vita, le ansie, i chilometri, i treni di un giovane uomo, Giorgi Ramorra, suo doppio, a caccia di donne, a caccia di futuro, a caccia di senso da cucire addosso alla vita. Ma quando arriva il momento di operare una scelta, di farsi bruciare da una decisione, lì la vita prende, crudele, il suo corso e la storia può ricominciare. Nell'adattamento viscerale di Giuseppe Palumbo, la figura, oltre che la scrittura di Rocco Scotellaro, torna a vivere anche nel ricordo di persone che ne condivisero in parte il percorso esistenziale e di autore. In una piccola appendice, a metà strada tra saggio illustrato e graphic journalism, Palumbo rievoca il suo personale percorso di studio sulle opere dello scrittore di Tricarico e mette in luce il segno di presenze come quella di Rocco Mazzarone e di Franco Palumbo, a cui tanto deve la Lucania del Novecento.