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Cosa succede se alla consueta attenzione posta dal progettista (designer) all'oggetto viene associata un'attenzione continuata al soggetto? E precisamente in direzione della fonte dell'esperienza ovvero del "sé in azione"? E cosa succede se sono invece gli oggetti a parlarci e a comunicare con noi, come avviene nello scenario prossimo venturo dell'lnternet delle cose? Dove finisce, allora, ci domandiamo, la distinzione tra soggetto e oggetto, tra realtà e narrazione? È possibile pensare che mettere al centro del momento progettuale non l'attività stessa, ma la presenza consapevole del sé in azione possa cambiare positivamente e significativamente la qualità del lavoro in una direzione esperienzialmente più ricca e significativa. Forse questo serve anche a imparare a progettare gli oggetti che saranno sempre più dei "quasi-soggetti" e a riconoscere un mondo in cui tra soggetto e oggetto le distinzioni si fanno sempre più fluide e sottili, dove le marche diventano contesti relazionali, frame interattivi per produrre valore. La cultura del progetto e il designer possono garantirsi un futuro significativo, superando il rischio del collasso dopo l'attuale spettacolarizzazione, solo attraverso il passaggio à una nuova dimensione dove la consapevolezza di sé determini l'esperienza del riconoscimento profondo della propria natura essenziale nello stato di "presenza alla propria assenza".