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Il proverbio è una poesia di un solo verso. Una riflessione in movimento, che la tradizione ci ha consegnato nella sua forma più pura, concreta, asciutta. Ma c'è una verità scientifica nel detto popolare? Quale sapienza si nasconde nelle massime dei nostri nonni? In "Cielo a pecorelle" ho cercato di rispondere a queste domande. E mi sono lasciato trasportare dai proverbi per declinarli in un contesto molto più ampio rispetto a quello immediato. Sono così arrivato, forse in maniera un po' spericolata, a trovare corrispondenze tra il tepore vivificante della primavera e la nucleosintesi stellare. A vedere nella metafora del frutto maturo la rappresentazione all'inverso di un evento inevitabile. A riconoscere in un filo di fumo che sale dal camino l'esattezza custodita nelle forze fondamentali che muovono l'universo. E da tutte queste acrobazie è nato un pensiero bizzarro: la nostra più avanzata e moderna conoscenza risuona con concetti più semplici e circoscritti, ma ugualmente efficaci. Perché la realtà, a volte, non ha bisogno di formule per essere capita.