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Per una grazia particolare, Marco ha continuamente rivolto i suoi pensieri, le sue riflessioni, la sua assorta contemplazione verso ciò che lui stesso definiva l'eterno, l'infinito, l'immenso, l'oltre. Calamitato dall'assoluto, era affascinato da una bellezza che non passa, da una pace che non conosce le bufere terrene. Era innamorato delle montagne, dei loro cangianti colori, del loro sacro silenzio, di una solitudine che si mutava in una "compagnia", di cui avvertiva sempre la nostalgia quando, dopo le sue peregrinazioni alpine, rientrava, quasi con fatica, nello scenario della quotidianità. Il breve tempo della sua vita è stato il bozzolo da cui è repentinamente uscito, liberandosi dal limite oscuro della finitezza, per trovare quel Dio che ha invocato e cercato fin dai primi anni della sua esistenza, realizzando il sogno di "poter finalmente parlare" con lui.