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Una storia della filosofia moderna seguendo le recensioni delle principali opere dei filosofi è una scelta strana. Perché questa scelta? Invero qui non si tratta propriamente ne di una storia della filosofia ne di una filosofia della storia, poiché sembra che i filosofi vengano fatti dialogare fra loro fra recensione e recensione. Una tavola imbandita, un simposio che trama e intravede un dialogo, un atto teatrale, una commedia appunto, la commedia filosofica. In questa commedia si ripropongono le scene con costumi differenti, mutano i dialoghi, ma il pathos emotivo rimane lo stesso. Essere e Soggetto, Mondo e rappresentazione, l'Io e l'Altro, Coscienza e Conoscenza, sono ora i termini dei colpi di scena, delle tensioni in cui i filosofi sono attori d'un dialogo ora comico ora tragico. A volte nei salotti, a volte nelle cattedre. Quanto della loro vita si celi nel loro pensiero e quanto del loro pensiero si celi nel loro vissuto ogni recensione ce lo dice, ponendo l'indissolubile identità fra le sofferenze dell'attore e il canovaccio della commedia filosofica. Quel che ne esce, di recensione in recensione, è un epilogo che trascende i filosofi stessi, ovvero che c'è una regia più alta della storia e dell'umana ragione, e questa regia è un architettura di commediografi che operano delle finzioni di cui i filosofi non sono che le pantomime, non sempre ben riuscite, d'un pensiero molto più alto di quello dell'uomo, e questo pensiero è la finzione dell'universo.