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Nel 1940 Giorgio Bassani pubblicò il suo primo libro di racconti, "Una città di pianura", una raccolta che per via delle leggi razziali uscì con lo pseudonimo di Giacomo Marchi. Con questi saggi dedicati al giovane Bassani, Piero Pieri individua la presenza dell'autore (allora attivista clandestino del Partito d'Azione) in abile e aperta polemica col regime fascista. Analizzando lo spazio storico che avvolge alcuni racconti, lo studioso fissa i confini di un'operazione che non vuole essere solo filologica e critica, ma anche ideologica e politica. Il suo - e qui sta la novità dell'interpretazione - è un Bassani che quando pubblica sotto falso nome sfida il fascismo con allusioni politiche e annotazioni storiche che rivelano in modo acuto e dirompente i furori dello scrittore. Mentre Bassani politico milita in clandestinità contro il fascismo, il letterato propone la stessa sfida con un libro altrettanto critico nei confronti della dittatura e delle sue leggi razziali. Al punto che, all'interno di questa sua interpretazione, Pieri individua nella poetica di Bassani un'idea di letterato che si collega alla tradizione italiana del poeta civile e rivoluzionario, quali furono Dante e Foscolo.