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"Ciò che caratterizza l'essenza della natura umana è la capacità di imparare dai propri fallimenti. Tutti a un certo punto, valutando con serenità, sedimentano nel proprio dna una capacità che costruisce nuove cellule in grado di ordinare in modo innovativo la propria vita. Questa nuova capacità si chiama: fallimento. Il termine potrebbe trarre in errore. Non si tratta di un processo depressivo, di una nichilista lettura della propria esperienza personale. Il fallimento indica una nuova strada che il singolo, nel corso della propria vita, può aprire a se stesso. Il fallimento è una forza. Non esiste qui in Italia una cultura al fallimento. Non viene spiegato in famiglia, se non da pochi, male nelle associazioni, in modo pessimo nelle scuole. Fallire non è una condizione perenne. È un richiamo a vedere le cose in modo più ampio, a collegare, a sgomitare per annusare ancora e ancora. Il fallimento è una palude nella quale ci ritroviamo. Ma come possiamo cavarci fuori da lì? Come possiamo riappropriarci di una vita che sembra non più appartenerci? Come fare accadere la magica trasformazione?" (L'autrice)