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L'Occidente è il luogo di invenzione del corpo. Questo libro traccia il percorso genealogico che conduce alla nascita di tale concetto, un percorso che inizia con Platone e, passando attraverso varie altre voci, con Platone si conclude. Il filosofo greco dà infatti avvio a un "fraintendimento del corpo" che è quello del corpo-organismo. Ma nel periodo arcaico lo sguardo su questa realtà era molto diverso. La visione dell'uomo omerico è quella di un corpo che non c'è come intero, come tutto compiuto, perché l'uomo arcaico si offre nei gesti, nelle azioni, in una molteplicità di "agenti patici" che lo muovono. Un uomo senza corpo e senza anima, di cui Omero non descrive mai il viso. Solo in età classica il volto inizierà a fungere da cuspide del corpo-organismo, luogo della massima significatività, perché cartografia dei moti dell'anima. Da dove Platone trae invece la sua idea, matrice di tutte le successive scritture organiche del corpo? Non dalla medicina antica, bensì da una particolare pratica della scrittura: quella del discorso dialettico capace di unire il molteplice a partire dal centro nevralgico dell'idea. L'organicità del discorso, conquistata dal filosofo, si riflette sul corpo e conduce nel Timeo ad una piena costruzione organica.