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La poesia di Nicola Grato "pur sperimentando soluzioni estreme, del tempo e dello spazio, dei vuoti e dei pieni, - afferma Aurelio Sciortino nella Prefazione - affonda le radici in una tradizione primo novecentesca pur ammiccando a traguardi notevoli del secondo Novecento, attestando la lezione di endecasillabi e settenari che sfumano la materia e la sospendono in fluide apparizioni sonore. Poesia che svapora ma che intride di radici, ossimorico balenio del canto di un tempo senza tempo".