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"Sono stato più fortunato di Miguel de Cervantes Saavedra: non ho dovuto sborsare neppure un centesimo per il mio quaderno manoscritto, né ho dovuto cercare un arabo "convertito" e ospitarlo in casa mia perché lo traducesse. Il mio manoscritto non ha la comicità sublime del "El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha". Non ha la serietà del manoscritto trovato da Alessandro Manzoni e dei "Promessi sposi" non ha la storia, l'ironia e la forma dell'italiano risciacquato in Arno. Non sono dovuto scappare da Praga, arrivare a Vienna, avere il cuore vuoto sul Danubio, pescare a Buenos Aires un'opera in latino secentesco frutto di una traduzione dal neogotico francese di un testo latino scritto da monaco tedesco sul finire del '300. No! Non sono un erudito scienziato come Umberto Eco, che intitola il suo affresco medioevale "Il nome della rosa". Ho solo trovato, sotto un sedile del bus della Linea 3, un quadernone a quadretti".