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Le cifre che appartengono alla letteratura e al cinema sono diverse. Il libro significa profondità, introspezione, impegno: termini che in sintesi significano cultura. Al cinema appartengono sentimento, sincretismo di immagini, musica e modelli per l'identificazione. In sintesi: spettacolo. Non è facile combinare queste differenze, ma quando il cinema ci riesce, ecco il capolavoro, benemerito e utile. Il nodo sono dunque gli adeguamenti. Alfred Hitchcock ha firmato "La donna che visse due volte", il titolo che in questa epoca viene considerato l'assoluto di sempre. Ebbene, il cineasta prese solo spunto dal master e raccontò la storia a propria immagine e somiglianza, sorpassando gli autori Boileau e Narcejac, peraltro quasi sconosciuti prima... di Hitchcock. La letteratura si arrendeva al cinema. Ci sono titoli che (quasi) "pareggiano". Succede quando grandi maestri come Visconti e Ford si adeguano a testi intoccabili, come "Il Gattopardo" di Lampedusa e "Furore" di Steinbeck. Ma, quasi sempre, il film perfetto è quello che aderisce alla proprie regole senza dipendenze da romanzi o da classici. "Una vita difficile" diretto da Risi e scritto da Sonego, rappresenta certi momenti dell'Italia del dopoguerra e del boom meglio della letteratura cosiddetta "nobile". È una parte di rivincita del cinema. Poi ci sono le grandi opere, teatro e romanzi, che vengono accolte dalla memoria e dalla coscienza, che formano la cultura, il sentimento e la personalità di chi le ha assunte.